Ultima puntata di donne e patente… o forse no! Valentina Merzi, illustratrice che vive e lavora a Venezia, ci ha scritto per raccontarci la sua storia: ci ha regalato parole e illustrazioni che, lo sappiamo già, vi entreranno nel cuore. La leggerete nel prossimo numero: nel frattempo potete andare a sbirciare le illustrazioni di Valentina sulla sua pagina Instagram, iscrivervi alla sua newsletter Telline o entrare nel suo shop, dove troverete meraviglie come questa stampa, che introduce anche la nostra nuova puntata, perché anche la patente può essere un desiderio che esprimiamo mentre guardiamo il cielo stellato.
C’è una cosa che dico sempre ai miei allievi, durante le esercitazioni di guida, quando capita di parlare delle auto che hanno a disposizione a casa (delle quali spesso si lamentano perché vecchie e scassate): meglio iniziare a guidare su una macchina usata, tanto i primi tempi capitano a tutti le scozzatine (termine dialettale che probabilmente arriva dall’italiano cozzare). A quanti di noi è successo di urtare per sbaglio, soprattutto in entrata o uscita dai parcheggi, ostacoli fissi, altre auto, siepi, muretti e compagnia bella? A me sì, nei primi tempi di patente per inesperienza, negli anni successivi per distrazione. I danni al veicolo non sono mai esagerati, la vergogna fa sempre capolino tutte le volte che ci ripensiamo, ma alla fine le scozzatine diventano aneddoti per farsi due risate in compagnia. Ecco perché le racconto ai miei allievi: questi piccoli incidenti di percorso non devono diventare un freno, succedono e non sono nulla di grave. Se l’auto è vecchia tanto meglio, le ammaccature saranno un dispiacere più piccolo, e anzi diventeranno segni di vita vissuta, di avventure on the road.
Dopo aver letto la prima parte del racconto che Serena ha scritto per questa puntata, credo che lo farò molto più spesso: perché anche nella guida, come in tutte le cose della vita, nessuno è infallibile. E una scozzatina non deve diventare un errore imperdonabile.
Tutti a bordo di una Simca 1100 verde con Serena:
C’è un episodio di famiglia, raccontato così tante volte da acquisire note leggendarie, che ha creato una certa immagine di mia madre alla guida: si racconta che lei abbia buttato giù la vetrina di una cabina telefonica con la sua Simca 1100 verde. Il problema, ripenso oggi, non stava tanto nell’aneddoto in sé ma nel pregiudizio che si annidava al suo interno; il pregiudizio è una falsa credenza contagiosa. Mia madre racconta di essersi sentita morire dopo aver buttato giù la vetrina della cabina telefonica, pare che un edicolante le abbia detto: signò, che je frega? Capita di continuo.
Oggi penso che se non fossi stata così giovane mentre assorbivo il racconto di questa vicenda, avrei potuto donarle frasi gentili dandole la fiducia necessaria per continuare a guidare. Quando è arrivato il mio momento di mettermi alla prova con la scuola guida mi sono sentita divisa: insicura e al contempo bruciante di energia; se ripenso alla me bambina sento ancora il desiderio di una spider verde acqua decappottabile e un viaggio on the road con le amiche, poi scorro il nastro in avanti e mi accorgo che il mio immaginario cinematografico è ricco di personagge che guidano disinvolte e solitarie. Nel film Young adult (2011 – sceneggiatura della mitica Diablo Cody), Mavis Gary (Charlize Theron) è una scrittrice che vive un momento delicato e parte spesso da sola indossando felpe di Hello Kitty e grossi occhiali scuri, ascoltando il brano The Concept dei Teenage Fanclub. Anche nella realtà non mi sono mancati modelli di donne al volante, ho sempre ammirato la mia amica Stefania per il suo rapporto con l’automobile, di lei si diceva: guida proprio come un uomo.
Se è vero come è vero che le scozzatine capitano a uomini e donne, mi sembra anche probabile che le reazioni siano diverse: se l’uomo tende a minimizzare, a nascondere la polvere sotto al tappeto, facendo finta che non sia successo nulla, o dando piuttosto la colpa al muretto (che di sicuro prima non c’era) o all’auto a fianco parcheggiata male, per la donna la scozzatina può diventare un caso di stato, fino a farla sentire addirittura inadeguata alla guida.
Io la ricordo ancora quella sera in cui sono finita dentro a una siepe (si dice così, ma dentro alla siepe c’era solo una parte di bagagliaio) mentre parcheggiavo l’auto di mio padre, una sette posti che a me sembrava un autobus, davanti al mio istruttore di guida, dopo una serata al pub insieme: lui si è messo a ridere in mezzo al parcheggio urlandomi Alle dove li hai buttati i miei insegnamenti, nel cesso?, io sono uscita dalla siepe alla velocità della luce e me ne sono andata, ma ho il sorriso ancora adesso. E poi sono diventata istruttrice. Una siepe - o una cabina telefonica- non ci fermeranno
.
Ancora Serena:
Io ho provato a prendere la patente, mi sono iscritta ben due volte a scuola guida, una a diciotto anni e una a ventitré, entrambe le volte ho superato la teoria con facilità, la seconda sono arrivata fino all’esame di pratica e... sono stata bocciata. A contatto con le autoscuole ho incontrato diversi ostacoli e non solo interiori, ho avuto a che fare anche con un esaminatore molestatore.
Desideravo così tanto prendere la patente che avrei voluto iscrivermi pochi mesi prima di diventare maggiorenne, ma andando avanti ho dovuto conciliare la parte di me entusiasta con quella timorosa, oggi so che entrambe hanno bisogno di essere ascoltate. Per sciogliere questo nodo, devo smettere di darmi la colpa per non aver raggiunto l’obiettivo della patente al momento giusto; faccio miei i versi della canzone che Loredana Bertè ha portato quest’anno a Sanremo: Non ho bisogno di chi mi perdona io, faccio da sola.
L’esperienza di Serena mi ha aperto gli occhi su una questione che non ho mai vissuto in prima persona e nel mio ambiente di lavoro: quando mi ha consigliato di seguire la pagina Intagram @lhascrittounafemmina di Carolina Capria, scrittrice e sceneggiatrice, e la sua rubrica della domenica Yes all women, ho letto parecchie testimonianze di ragazze che hanno avuto problemi di molestie con i loro istruttori. Continuavo a mandare messaggi di incredulità a Serena, nonostante io sia dentro a quel mondo. Abbiamo fatto una piccola intervista a Carolina, che ci ha raccontato la sua esperienza con la patente e ci ha parlato di Yes all women:
- Lo spazio che hai creato su Instagram “Yes all women” pullula di racconti di molestie ambientati nelle autoscuole. Ti sei chiesta il perché? C’entra il potere? C’entra il fatto che la guida viene considerata una cosa da maschi?
Sono tantissime le donne che hanno subito molestie o che si sono sentite a disagio mentre facevano lezione con un istruttore di fianco. L’aspetto che secondo me merita di essere sottolineato è che molte di queste donne – stando alle testimonianze che mi sono arrivate – per via del trauma subito durante le lezioni hanno rinunciato a prendere la patente o a guidare. Ci troviamo davanti, quindi, all’ennesimo ostacolo alla libertà e all’indipendenza femminile.
Sono diversi gli elementi che concorrono alla frequenza con cui si presenta questo tipo di abuso. Innanzitutto, certamente la disparità di potere, data non solo dal ruolo ma anche dall’età. Un insegnante esperto di almeno una trentina d’anni e un’allieva di diciotto che sta imparando: lo sbilanciamento è enorme. Inoltre, la situazione è tra quelle più favorevoli alla molestia, perché parliamo di due persone sole e chiuse nell’abitacolo di un’auto. Le ragazze non solo non hanno testimoni, ma nemmeno nessuno che possa confermare loro che quello che è accaduto è sbagliato. Sono stata una ragazzina insicura e inesperta anche io, e ho spesso creduto che alcuni atteggiamenti inappropriati fossero accettabili, normali, tollerabili.
E poi sì, c’è da considerare anche il ruolo degli stereotipi, che non fanno che acuire quella disparità di cui dicevamo: uomo capace e preparato, donna maldestra e inesperta. Insomma, non c’è da stupirsi che siano in tante ad aver vissuto questo tipo di situazione.
- Tu che rapporto hai con la guida? Cosa hai provato quando hai preso la patente?
Io adoro guidare, mi piace viaggiare in auto. Sin da quando ero ragazzina ho sempre avuto un grandissimo desiderio di libertà, e la patente ha rappresentato da subito la possibilità di prendermi gli spazi che desideravo. Sono stata fortunata, però, perché non mi è successo nulla che abbia fatto vacillare la mia convinzione, l’unica cosa che ho dovuto fare per guidare è stata impegnarmi a impararlo.
Appena ho preso la patente mi sono sentita autonoma, sensazione che le donne sperimentano poco, perché la società tende a far credere loro di essere sempre dipendenti da qualcun altro e sempre bisognose di aiuto. Per me prendere le chiavi dell’auto e partire continua a essere una delle sensazioni più inebrianti che ci siano.
- Come te le immagini le autoscuole del futuro?
Con più donne. Gli ambienti diventano sicuri per le donne quando ad abitarli ci sono altre donne. Sarà questo a fare la differenza.
Noi istruttrici stiamo facendo la nostra piccola grande scalata per arrivare a ruoli diversi all’interno delle autoscuole, perché i titolari sono ancora per lo più uomini: è stato già molto difficile arrivare a insegnare a guidare, stare in macchina: lo è tutti i giorni, quando dobbiamo dimostrare molto di più di ogni nostro collega istruttore, quando il margine di errore che abbiamo è praticamente pari allo zero, quando se l’auto si rompe ci sentiamo dire “chissà come guidi” o “chissà cosa insegni”.
Ci sono giornate in cui mi assale una stanchezza profonda, in cui mi dico che non ho più voglia di combattere una battaglia contro i mulini a vento: vorrei solo poter lavorare in pace, aiutare tute quelle persone che hanno la stessa ambizione bruciante di Serena. Vorrei potermi concentrare sul restituire un piccolo spazio di libertà a chi lo desidera così ardentemente, trasmettere la voglia di salire in auto, girare le chiavi e partire per una destinazione a caso tutte le volte che ne abbiamo voglia, che qualcosa non gira per il verso giusto, che abbiamo bisogno di pensare, rilassarci, imprecare o respirare. Allora continuo la mia battaglia: l’autoscuola con più donne, quella del futuro descritta da Carolina, forse non è così lontana. Nel frattempo mi farò aiutare da persone come Serena, che con la sua esperienza e le sue parole danno un senso vero a quello che faccio tutti i giorni:
Mia figlia e mio figlio giocano spesso alla macchina utilizzando le sedioline colorate, mentre li osservo penso che anche a quarant’anni la patente rimane per me un’ambizione bruciante. Non so se riuscirò in questa impresa, o se rimarrà una delle cicatrici che condivido con le mie antenate, ma di certo parlarne sta facendo succedere qualcosa.
È stata Valentina Aversano a parlarmi per la prima volta di Alessia Munari: nel nostro gruppo creativo c’è un’istruttrice di scuola guida. La mia testa ha fatto un click, Alessia non la conoscevo ancora ma ho subito pensato che se da ragazza avessi incontrato una guida come lei probabilmente avrei la patente. Forse è da qui che devo partire, sorridendo alle occasioni che l’universo mi sta mettendo sulla strada.
Io sto facendo un grande tifo per Serena -anche se da lontano- e per tutte le donne che, come lei, hanno voglia di prendere la patente, e tutto quello che una patente si porta dietro in termini di libertà. Vorrei patenti conseguite solo per competenze alla guida, senza dover pensare a nient’altro che a quello. Vorrei istruttrici serene, senza paura che le loro competenze vengano messe in dubbio ad ogni piccolo inciampo. Vorrei titolari donne. E vorrei tante allieve come Serena, perché la sua ambizione è diventata anche la mia, e la strada giusta verso la patente è quella che si percorre insieme.
Utopie? Forse. Ma l’unica cosa che penso è… perché no?
Ci rileggiamo fra due settimane: io e Serena vi aspettiamo sempre sui nostri profili Instagram (@alessiamunari e @seru_blasi) oppure nei messaggi diretti di Substack (il grande bottone qua sotto)
Come sapete io sono insegnante, sto iniziando a prepararmi per diventare istruttrice. Nella nostra autoscuola abbiamo 3 uomini e una donna in macchina, è capitato che qualcuno ha chiesto esplicitamente di fare le guide con la donna proprio perché veniva da precendenti esperienze negative.
Bellissima puntata
Quanti ricordi, storie, spunti di riflessione, grazie ragazze. Io ricordo che a scuola guida avevo un'istruttrice donna (ormai più di 25 anni fa) ma poi le guide in auto si facevano con un uomo e lei, l'istruttrice, ci organizzava in modo che non fossimo mai sole con lui ma sempre in due o tre, ad alternarci alla guida. Ci ho ripensato proprio leggendovi, allora credo di non averci mai fatto caso.