Il nuovo romanzo di Davide Longo esce domani, ma io lo aspetto da un po’ più di tempo. Non so descrivere esattamente questo tipo di attesa: assomiglia a quella per l’uscita del nuovo album del tuo cantante preferito, ma anche a quella per la serata con la persona interessante che hai appena conosciuto. C’è qualche tipo di sentimento adolescenziale (quello che portava me e una cerchia ristretta di pazze scatenate come me ai Murazzi per cercare i Subsonica, dopo aver attraversato mezza Italia su treni regionali) mescolato con una specie di devozione, tutto tenuto insieme da una passione verso una certa arte, che sia musica o letteratura poco importa.
I gialli (o noir, o quel che volete) di Davide Longo sono una delle mie passioni, insieme ai romanzi di Missiroli e Baricco (anche lui in uscita domani col suo nuovo romanzo. Due uscite contemporanee sono un grosso rompicapo da risolvere: come si decide chi leggere prima?), tutti e tre insegnanti alla Scuola Holden di Torino.
E proprio come diceva Holden Caulfield: “Mi fanno impazzire i libri che quando hai finito di leggerli vorresti che l’autore fosse il tuo migliore amico, per telefonargli ogni volta che ti va.”
Ecco, ho pensato che scrivere una mail a un autore e chiedergli le ultime tre frasi sottolineate nei libri (o gli ultimi tre screenshot, per chi è più tecnologico, o le ultime tre orecchie fatte alle pagine) fosse un buon modo per sostituire quella telefonata che tutti noi vorremmo fare al nostro artista preferito, per chiedergli cosa ne pensa di quel pezzo, di quel libro, o semplicemente per sapere cosa ha fatto oggi.
L’autore, ovviamente, è Davide Longo, che è stato così gentile da rispondere alla mail assecondando i deliri di una lettrice seriale, mandandomi tre frasi che non sono solo le ultime orecchie ai libri, ma sono alcune tra quelle che avrebbero potuto aprire come citazione il nuovo romanzo.
Le citazioni a inizio libro sono un po’ come le telefonate di Holden: parlano del libro, parlano dell’autore, parlano del percorso che l’autore ha fatto per scrivere quel libro, sono un messaggio, sono una dichiarazione, sono un universo da svelare e interpretare.
Potrete capire il mio stordimento iniziale dopo aver aperto la mail, e poi la mia felicità.
Le lascio qua, per tutti gli amanti di Bramard e Arcadipane, dei Sucai, di Torino e della piemontesità.
Ci si può divertire a immaginare, partendo dalle citazioni, cosa succederà ai due disgraziati (come li chiama il loro autore) nel lontano 1987, con la storia d’amore di Joyce non esattamente a lieto fine -forse per questo indimeticabile- , i personaggi di quel racconto afflitti e paralizzati in una vita di fallimenti dalla quale vorrebbero fuggire, senza poterlo fare, senza poter realizzare nessun sogno o desiderio.
Il solito Cèline che racconta la miseria della vita, borbotta mentre spiega svogliato l’imperfezione dell’uomo, e si arrabbia con la società. E poi Karl Kraus, che sembra seguire la stessa scia, con il diavolo impotente rispetto al male che già gli uomini hanno dentro di loro.
Qual é lo spazio che i nostri due disgraziati preferiti troveranno tra queste citazioni?
Io non vedo l’ora di ritrovarli, e di leggere la citazione che Davide ha scelto al posto di queste tre. Aprirà le danze ancora Fenoglio, come in altri due romanzi, o forse sarà il turno di Primo Levi, che morì proprio nel 1987, anno in cui il romanzo è ambientato? Più probabilmente avrò sbagliato ogni pronostico, ma nel frattempo mi sono parecchio divertita.
A domani, Requiem di provincia.
Grazie di cuore a Davide Longo.